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11. MADRE DEL MONDO NUOVO

Al numero 241 dell’enciclica Laudato Sì, Francesco afferma che nel corpo glorificato di Maria, grazie alla sua assunzione in Cielo, una parte della creazione ha già raggiunto la pienezza della sua bellezza. In un primo momento potrebbe sembrare che queste parole riguardino soltanto Maria. Essere risorta con il suo corpo, proprio come il Cristo suo figlio, è certamente un privilegio di Maria. I doni che Dio fa alla sua Chiesa, però, sono sempre a vantaggio di tutti! Qual è il vantaggio che anche noi ricaviamo dalla glorificazione di Maria? Il vantaggio per noi è che, guardano Maria nella gloria, vediamo il nostro destino e siamo rafforzati nella fede, nella speranza e nella carità.


Il libro dell’Apocalisse, al capitolo 12, presenta una visione al centro della quale sta una donna misteriosa:

«1 Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. 2 Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. 3 Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4 la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. 5 Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono. 6 La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni».


La tradizione della Chiesa ha visto in questa donna alternativamente la persona concreta di Maria e la personificazione del popolo di Dio, di Israele e della Chiesa. Attraverso questa immagine di lotta e di vittoria, la comunità credente rilegge la profezia di Genesi riguardo alla donna e alla sua discendenza (Gen 3,15). Questa donna misteriosa, quindi, è la Nuova Eva, ovvero la Donna per eccellenza: è la Madre del mondo nuovo, il mondo redento dal Signore. In essa contempliamo, come in Giuditta, in Ester, nella Sposa del Cantico e in Maria la vocazione della Chiesa: la chiamata ad essere collaboratori e collaboratrici di Dio per la salvezza del mondo. La nascita del Messia, infatti, si attualizza continuamente, in ogni credente come in Maria, attraverso l’incarnazione della Parola e l’azione dello Spirito.


Nella nascita messianica descritta in questa pagina, non è quella di Betlemme, bensì del mattino di Pasqua. I dolori del parto corrispondono a quelli del Calvario, dove tutta la creazione è stata rinnovata nel parto della Croce. Il Figlio della donna, pertanto, non è soltanto il Cristo. In quel bambino sono rappresentati tutti coloro che, rinati nel Battesimo, sono diventati figli di Dio, figli della Chiesa e figli di Maria (cf. Gv 3,3-8; Mt 18,3). La fuga della donna nel deserto è una specie di nuovo esodo. Il deserto, infatti, è luogo di intimità e di protezione divina: dopo la Pasqua del Signore, si è aperto il tempo della Chiesa, tempo di persecuzioni, in cui però non viene mai a mancare il pane della vita, della Parola e dell’Eucarestia (cf. Os 2,16-25).


Possiamo guardare a questa donna misteriosa come ad un esempio di generatività e provare ad interpretare i simboli che le appartengono in questa ottica. La donna, prima di tutto, è vestita di sole: è capace cioè di essere pienamente sé stessa nella luce di Dio, non ha nulla da nascondere (cf. Gen 2,25). Sotto i piedi, che è il luogo che la Scrittura riserva ai nemici sconfitti, c’è la luna, simbolo di ciò che nella creazione è instabile, perché ciclico: tenerla sotto i piedi, significa conoscere e dominare la propria fecondità.


La donna e coronata di stelle: il numero 12 rappresenta le tribù di Israele e anche gli apostoli. Questo simbolo perciò indica la doppia appartenenza della donna all’antica e alla nuova alleanza con Dio. Nel racconto della creazione, però, le stelle rappresentano lo scorrere del tempo (cf. Gen 1,16). La corona di stelle, perciò, potrebbe indicare anche il fatto che la donna non teme il passare del tempo, ma è in pace con esso.


Infine, la donna non teme la fatica, il dolore, che inevitabilmente appartiene alla generazione. Il suo coraggio dice la sua passione per la vita. Il bambino partorito, però, viene subito portato via da lei, perché non le appartiene. Il testo, in seguito, parla di una numerosa discendenza, come a dire che la libertà nei confronti delle persone o delle opere a cui abbiamo dato la vita è una dimensione fondamentale della generatività (Ap 12,17).


L’autore dell’Apocalisse, pochi versetti più avanti, svela l’identità del drago: si tratta del serpente antico, del tentatore che, nel racconto di Genesi, aveva ingannato la donna spingendola a cercare di impossessarsi con la forza di ciò che si può ricevere solo per dono: l’essere uguali a Dio, cioè essere suoi figli (Gen 3,5). Secondo il libro della Genesi, una delle conseguenze di quel gesto, che esprime una mancanza radicale di fiducia nel Creatore, è la tendenza ad impossessarsi del prossimo come se fosse una cosa propria: il marito lo fa con la moglie, la madre lo fa con i figli, generando una catena di sofferenza molto difficile da spezzare (cf. Gen 3,16; 4,1). La visione dell’Apocalisse, perciò, è un testo di lotta, striato dal sangue della storia, ma è anche un’opera di contemplazione avvolta in un alone di luce da cui emerge il lieto fine: il drago non può avere l’ultima parola. Alla fine, ogni lacrima sarà asciugata e la morte sarà sconfitta per sempre (21,14).


L’immagine della donna in preda alle doglie del parto è probabilmente il frutto della preghiera di una comunità perseguitata, che insieme rilegge le Scritture e le interpreta sotto la guida dello Spirito, nella luce della Resurrezione del Signore. L’autore del testo, perciò, lo autodefinisce come “profezia” (1,3; 22,7.19), che nel linguaggio biblico è soprattutto interpretazione dei segni dei tempi e appello di fedeltà al momento presente. L’intenzione del testo, quindi, è quella di aiutarci a vivere con speranza, ad essere ottimisti senza ignorare la sofferenza, nella certezza che il maligno non ha più potere su di noi e che l’universo è nelle mani di Dio Padre, che si prende cura instancabilmente delle sue creature.


Dio ha promesso di riscattare tutta la creazione dalla minaccia della distruzione e della morte. La glorificazione di Maria è soltanto l’inizio della glorificazione della creazione intera. Siamo destinati a condividere la gloria di Maria e di Gesù, insieme a tutta la creazione. Tutto ciò che Dio ha creato, Dio lo custodisce e lo riscatterà perché tutto ciò che ha creato è prezioso ai suoi occhi e degno di stima. Ora, però, la creazione è affidata da Dio alle nostre mani: che cosa ne stiamo facendo? Come ci prendiamo cura di tanta bellezza?


Alla fine del cammino di quest’anno, nel quale abbiamo contemplato insieme la relazione tra Maria e l’impegno dei credenti per l’ecologia integrale, chiediamoci ancora una volta: che cosa ispira le nostre azioni quotidiane? Che cosa ci sostiene e ci incoraggia a intraprendere e a perseverare nella conversione ecologica anche quando costa fatica? Don Bosco diceva che, nei momenti difficili, “un pezzo di paradiso aggiusta tutto”: la presenza gloriosa di Maria nella nostra vita e nella vita della Chiesa può essere questo pezzo di Paradiso, questo richiamo alla fedeltà di Dio che compie sempre le sue promesse.


Linda Pocher FMA

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