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8. NAZARET, SCUOLA DI PREGHIERA

In un Angelus nella festa dedicata alla Sacra Famiglia, papa Benedetto XVI ha detto che “la casa di Nazaret è una scuola di preghiera, dove si impara ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato profondo della manifestazione del figlio di Dio traendo esempio da Maria”. In effetti, a ben vedere, a Nazaret sono vissuti i più grandi contemplativi della storia. Gesù contempla dall’eternità il volto del Padre misericordioso, e nel tempo è Egli stesso il “volto della Misericordia”; Maria, ha contemplato non solo con gli occhi dell’anima, ma anche con gli occhi della carne – occhi di madre! – il volto della Misericordia; e Giuseppe, nel prendersi cura del Bambino e della Madre, ha contemplato il primo nucleo della Chiesa, la Chiesa nella sua radicale santità, ossia il perfetto incontro fra la piena dedizione di Dio (Gesù) e la piena accoglienza dell’uomo (Maria).

Se essere contemplativi è riconoscere la presenza del mistero di Dio, allora Maria e Giuseppe sono stati davvero dei privilegiati, perché in Gesù hanno accolto e riconosciuto l’Emmanuele, il Dio con noi. E lo hanno riconosciuto proprio bene, con ogni purezza, perché “Maria – dice la von Speyr – che non conosce il peccato originale, e Giuseppe, che ne è distaccato, rappresentano il campo di relazioni nel quale cresce il Figlio” e dentro il quale il Figlio prepara la sua manifestazione al mondo. Però questo privilegio da capogiro non li allontana irrimediabilmente da noi, ma ce li rende vicini e disponibili, non solo con l’attrattiva del loro esempio, ma anche con la forza della loro intercessione: solo gli uomini e le donne di preghiera generano altri alla preghiera, e solo chi abita negli atrii del Signore può aiutare altri ad entrarvi. Maria, in particolare, è maestra di preghiera anche perché è Assunta in cielo in anima e corpo, e contempla lo splendore del Figlio alla destra del Padre.


La preghiera della Madre

Sono cose vertiginose, ma Maria è stata contemplativa con tutta se stessa, anche con il corpo: è nel suo corpo che ha percepito la presenza di Dio nel suo prendere dimora in mezzo a noi, e il Figlio ha preso dimora nel mondo proprio in Lei! È un mistero che non smetterà mai di suscitare un santo stupore e di spingerci alla preghiera: “Maria – dice bene Enzo Bianchi – è stata spazio, luogo di accoglienza di Colui che abita ogni spazio e che da nulla può essere contenuto. Maria è il sito visibile del Dio invisibile, il sito in cui ha preso carne il Dio che è Spirito, in cui l’immortale si è fatto mortale, in cui l’eterno si è fatto temporale. Dal seno del Padre, il Figlio è venuto tra di noi nel seno di Maria; la Parola di Dio, che era in principio presso Dio, si è fatta carne in Maria e in lei è diventata parola udibile, presenza visibile per noi uomini”. Vuol dire che noi possiamo contemplare grazie alla sua contemplazione, possiamo avere esperienza del Dio grazie alla sua esperienza di Dio. In questo, Maria non è solo Mediatrice delle grazie, ma Mediatrice della Grazia!


La preghiera e la vita

Quando si parla di preghiera, il rischio è quello di farla apparire come un’altra cosa rispetto alla vita, una parentesi della vita. In realtà, quando ci rispecchiamo nell’esperienza di Maria e Giuseppe, ma anche nell’esperienza di Gesù stesso nel tempo della sua vita infantile e domestica e nel mistero della sua adolescenza e giovinezza, ci viene insegnato che la preghiera è la profondità della vita, la relazione che ci tiene in vita e dà senso alla vita, l’esperienza che illumina ogni altra esperienza.


Come Maria e Giuseppe non dovevano allontanarsi dalla casa e dal lavoro per incontrare Gesù, perché Gesù era di casa, così la preghiera autentica non allontana dalla vita, ma è la luce della vita, la forza per il cammino della vita. Incontrare Gesù nella preghiera è pregustare qualcosa del cielo sulla terra e della terra orientata al cielo; pregare è sperimentare lo straordinario nell’ordinario, il festivo che trasfigura il feriale, la sosta lungo il cammino per ritrovare l’essenziale nelle pieghe dei giorni, il raccoglimento dei frammenti di vita che inducono all’agitazione, alla dispersione e alla disperazione, per ritrovare fiducia e consolazione, e accorgersi con stupore che Dio sa scrivere diritto anche sulle righe storte, perché “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28).


Gesù invita a “pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18,1), perché Egli è il primo a pregare sempre. Egli stesso è la preghiera vivente, in cielo presso il Padre, e a Nazaret con Maria e Giuseppe. In questo senso “essere preghiera” e non solo “dire le preghiere” è vitale, perché, come si vede a Nazaret, dove Gesù matura la sua missione di Redentore in trent’anni di nascondimento, le grandi opere nascono dal silenzio, e prima di essere gestite devono essere gestate, nell’incanto e nel pudore di una ispirazione, nella docilità e prudenza del discernimento, nel coraggio della consegna e della decisione, nell’umiltà di un cuore affidato, nella gioia di fare in ogni cosa la volontà del Padre.


Certo, questo silenzio e raccoglimento non si improvvisa, anzi, è continuamente minacciato. È un’atmosfera che va custodita, una disciplina interiore che va educata fin dalla più tenera età. Con la fatica che spesso facciamo a pregare, distratti e dispersi in mille cose, si vorrebbe allora tornare bambini a Nazaret per imparare a pregare da Gesù, da Maria, da Giuseppe, attirati dal loro esempio. Indimenticabili sono le parole di Paolo VI sulla Sacra Famiglia come scuola di preghiera: Nazaret “ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazaret, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l’interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto”.


Pregare in famiglia

Pregare in famiglia è vitale, perché senza preghiera non c’è amore, mentre, come insegna il papa, “la famiglia che prega resta unita” (AL 227). Magari di amore ce n’è troppo o troppo poco, ma difficilmente ce n’è come Dio vuole. Il Card. Colombo, in una splendida meditazione sulla Santa Famiglia, ha osservato che la famiglia moderna, che vive in un’atmosfera culturale secolaristica e individualistica, ha necessità di specchiarsi nella famiglia di Nazaret almeno sotto questi due aspetti: “nel santo timor di Dio, e nel santo amore vicendevole”.


Il santo timore di Dio rimanda a ciò che è essenziale nella preghiera: disporsi a fare in tutto la volontà di Dio, nei gesti ordinari (a Nazaret erano i pasti e i digiuni, le liturgie in sinagoga e i pellegrinaggi a Gerusalemme) come negli eventi straordinari (a Nazaret furono il censimento, la fuga, l’esilio, il ritrovamento di Gesù), nei momenti di gioia e in quelli del sacrificio. A Nazaret tutto questo avveniva alla presenza di Gesù: Giuseppe contemplava l’intesa silenziosa della Madre e del Figlio, e Maria, “da parte sua, serbava tutte le cose di Gesù nel suo cuore” (Lc 2,19), diventando così la memoria intima della Chiesa.


Da qui la seconda cosa, il fatto che la preghiera fa crescere il santo amore vicendevole, che richiede dimenticanza di sé e cura dell’altro: “nella casa di Nazaret ciascuna persona viveva per le altre dimentica di sé. San Giuseppe lavorava per mantenere Gesù e Maria: si affannava e soffriva per custodire salvo il Figlio di Dio e la verginità di sua Madre… Maria non viveva che per Gesù e per il suo sposo castissimo. I suoi pensieri, i suoi atti, il suo lavoro, la sua giornata era per loro… E Gesù pare che dimentichi d’essere il Creatore e si fa suddito delle sue creature; attento ai loro cenni, premuroso in ogni cosa, attento a prevenire i loro desideri”. La preghiera, in questo senso, è sempre opera di decentramento da sé e di raccoglimento in Dio, la miglior cura contro il narcisismo che spegne le anime, la prima sorgente delle opere per la salvezza delle anime!


Roberto Carelli SDB

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