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ANGELO DI DIO. L’ASSISTENZA PREMUROSA DELLA PROVVIDENZA.

«Angelo di Dio, che sei il mio custode»

Chi, recitando questa preghiera, non torna a sentirsi fanciullo, rievocando il panorama immaginifico di quand’era bambino? Eppure la preghiera dell’Angelo di Dio non è un gioco da bambini, pronto da dismettere non appena varcata l’adolescenza.

La preghiera precisa subito a chi ci stiamo rivolgendo: si tratta di un angelo, ossia di un essere puramente spirituale, privo di corpo materiale e, dunque, immortale, dotato di acutissima intelligenza e ferma volontà. L’Angelo custode non va dunque confuso con l’anima di una persona morta, come talora erroneamente si crede.


E si tratta di un angelo buono, un Angelo di Dio, suo fedelissimo servitore, a cui Dio ha affidato una missione di grande responsabilità: la tutela della nostra anima, da condurre a salvezza. Sulla sua fedeltà possiamo riposare sicuri: egli non è soggetto a cambiamento e invecchiamento, e i suoi atti di volontà sono esenti da ripensamenti. Quale fiducia deve riporre Dio nel nostro Angelo custode, se gli ha affidato quanto di più prezioso ha creato: un’anima immortale, da guidare verso la salvezza!


«Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita», scriveva San Basilio Magno: è commovente prenderne consapevolezza, perché ci mostra fino a che punto la Provvidenza divina si prenda carico di ciascuno di noi, affidandoci alla custodia singolare di una creatura angelica. Quasi che il nostro buon Angelo, come un fratello maggiore, attendesse dall’eternità la nostra comparsa nel mondo, per esercitare la sua missione di guida e protettore.


Scriveva san Francesco di Sales a proposito degli Angeli custodi: «Dal primo istante della nostra nascita, essi si prendono cura di noi; avendoci la divina bontà tanto amato fin dall’eternità, ella ha ordinato che ciascuno di noi avesse un buon angelo per custodirci nel nostro terreno pellegrinaggio. Con quale amore essi adempiono questo compito, quale dolcezza esercitano con i bimbi piccoli!».


Questo caro angelo, assegnato a mia custodia, mi è sempre compagno e, al tempo stesso, sta sempre al cospetto di Dio e ne contempla incessantemente il Volto: «I loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli» (Mt 18,10). Il nostro Angelo custode, in un certo senso, funge da tramite tra Dio e noi: abita presso Dio, pur senza allontanarsi da noi, né perderci di vista.


«Illumina, custodisci, reggi e governa me»

Dopo l’invocazione iniziale, la preghiera introduce una serie di suppliche rivolte al nostro Angelo custode: «illumina, custodisci, reggi e governa me». Ecco i principali compiti che il nostro buon Angelo svolge nei nostri confronti.

Egli anzitutto istruisce la nostra intelligenza («illumina») ispirandoci buoni pensieri. È saggio invocare l’Angelo custode prima di iniziare la preghiera, ma anche accingendosi ad altre attività, oppure quando occorre prendere decisioni importanti in situazioni complesse.


Il nostro Angelo, poi, ci protegge dai pericoli dell’anima e del corpo («custodisci»). È questa la sua specialità: stornare da noi possibili pericoli (nei limiti della permissione divina), o metterci in guardia in situazioni di rischio. Di qui la lodevole abitudine di invocare l’Angelo custode prima di mettersi in viaggio o alla guida dell’auto, di maneggiare attrezzi o affrontare itinerari pericolosi.


Chi sa di avere accanto a sé questa presenza angelica non potrà mai sentirsi del tutto solo. In una splendida lettera di direzione spirituale, san Pio da Pietrelcina raccomandava: «Abbi grande devozione a questo sì benefico angelo. Come è consolante il pensiero che vicino a noi sta uno spirito, il quale dalla culla alla tomba non ci lascia mai un istante, nemmeno quando osiamo peccare. E questo spirito celeste ci guida, ci protegge come un amico, un fratello. Non dir mai di essere solo a sostenere la lotta con i nostri nemici; non dir mai di non avere un’anima alla quale puoi aprirti e confidarti. Sarebbe un grave torto che si farebbe a questo messaggero celeste» (Epistolario III, pp. 82-83).


L’opera dell’Angelo custode non si ferma qui. Nelle circostanze concrete egli ci ispira le indicazioni da seguire («reggi») e, all’occorrenza, sa correggerci. Con ciò, non neutralizza certo la nostra libera volontà, che non è affatto in discussione. La sua azione è piuttosto quella di un consigliere fidato, capace di suggerire con discrezione la strada migliore, secondo la volontà di Dio.


Il nostro caro Angelo, poi, presenta a Dio le nostre preghiere e non si stanca di intercedere per noi. In questo senso è da intendersi l’ultima supplica, «governa me». Don Bosco, in particolare, ricorda l’assistenza che l’Angelo custode riserva al suo protetto quando sopraggiunge il momento della morte: «Come le cure che il nostro Angelo ha per noi in vita non tendono ad altro che a procurarci una preziosa morte, così quanto egli scorge più vicina quell’ora, tanto più egli raddoppia la sua vigilanza per riuscirvi. Egli procura di preparare per tempo a quel gran passo l’anima a sé diletta» (Il divoto dell’Angelo custode, VIII).


La custodia angelica accompagna tutta la nostra vita, soprattutto nei momenti più decisivi. Tra questi, credo che gli Angeli custodi riservino particolare premura alla Prima Comunione del loro beniamino: giorno benedetto, che segna la biografia spirituale di un fanciullo, nutrendo la sua tenera anima proprio col Pane degli angeli, come viene chiamata l’Eucaristia. Quale onore e compito per l’Angelo di quel bambino! Certamente, egli raddoppierà gli sforzi affinché quel fanciullo, divenuto adulto, si conservi fedele alla fede professata.


«che ti fui affidato dalla pietà celeste»

La conclusione della preghiera fa dolce pressione sul nostro Angelo, per ricordargli che il suo compito verso di noi gli fu affidato dalla pietà celeste. Si noti la squisita delicatezza di non nominare direttamente Dio, alludendo a Lui con l’attributo che più manifesta la sua misericordia: Pietà.

Alla luce di queste considerazioni, non stupisce che grandi santi e sante siano stati ferventi devoti del loro Angelo custode, taluni privilegiati anche di un rapporto familiare con lui. Santa Gemma Galgani, ad esempio, intrattenne una particolare confidenza col proprio Angelo, potendo addirittura vederlo e conversare spesso con lui, ma ricevendone anche gli energici rimproveri per le sue piccole mancanze nascoste, o per le confessioni mal fatte.

Di san Francesco di Sales, un testimone racconta che, quando si accingeva a predicare, fosse solito rivolgere lo sguardo sull’uditorio, per salutare gli Angeli custodi dei suoi ascoltatori, pregandoli di preparare i cuori dei loro protetti ad accogliere la parola della predicazione. E aggiungeva di aver ottenuto notevoli successi ricorrendo a questa pratica.

San Pio da Pietrelcina, nella lettera già menzionata, aggiungeva consigli sapienti, in cui riecheggia la sua esperienza personale: «Per carità, non dimenticare questo invisibile compagno, sempre presente, sempre pronto ad ascoltarci, più pronto ancora a consolarci. O deliziosa intimità, o beata compagnia che l’è questa, se sapessimo comprenderla! Abbilo sempre davanti agli occhi della mente, ricordati spesso della presenza di quest’angelo, ringrazialo, pregalo, tiengli sempre buona compagnia. Apriti e confida a lui i tuoi dolori; abbi continuo timore di offendere la purezza del suo sguardo. Sappilo e fissalo bene nella mente. Egli è così delicato, così sensibile. A lui rivolgiti nelle ore di suprema angoscia e ne esperimenterai i di lui benefici effetti» (Epistolario III, p. 83).

Alla luce di tutto ciò, merita davvero riprendere la preghiera dell’Angelo di Dio e farlo con la semplicità di un bambino unita alla fede irrobustita dell’età matura.


Don Marco Panero, SDB

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