"LI AMO' FINO ALLA FINE" (Gv 13,1)
1. Per riconoscere al cuore del presente...
"Continuate a vincervi bene in quelle piccole contraddizioni giornaliere che vi urtano, e indirizzate a questo il meglio dei vostri desideri. Sappiate che, per ora, Dio non vuole da voi altro che questo; e quindi, non perdete il tempo a voler fare altro. Non seminate i vostri desideri nel giardino d'un altro, ma badate solo a coltivar bene il vostro. Non desiderate di non essere quello che siete, ma desiderate essere nel migliore dei modi quello che siete. Indirizzate i vostri pensieri a perfezionarvi in questo e a portare le croci, grandi o piccole, che troverete nel posto che vi è stato assegnato. E credetemi: questo è il grande segreto e il segreto meno compreso della vita spirituale. Ognuno ama quello che è di suo gusto, e pochi amano quello che è conforme al loro dovere e al gusto di nostro Signore. A che giova costruire castelli in Spagna, se dobbiamo vivere in Francia? Questa è una mia vecchia lezione, e voi la comprendete bene". (Lettera alla moglie del Presidente Brulart, giugno 1607)
Scegliere un presente da amare o scegliere di amare il presente? Potremmo riassumere in queste parole l'interrogativo che Francesco di Sales rivolge ad una delle sue Filotee in una lettera del 1607. In realtà, echeggiando di secolo in secolo, l'interrogativo posto dal santo vescovo di Ginevra giunge fino a noi, rivolgendosi con forza al nostro cuore in particolare in questo tempo di Avvento che ci prepara al Natale del Signore.
Le acute parole di Francesco di Sales ci svelano al contempo il segreto più profondo della santità e ci aiutano a smascherare una delle più frequenti e insidiose tentazioni che spesso è in agguato anche nel nostro cammino. Il santo dell'Amorevolezza, con tono delicato e deciso al contempo, ci lascia intendere con chiarezza che l'unico giardino in cui il seme della santità, deposto dalla grazia di Dio e custodito dalla nostra libertà, può crescere, fiorire e maturare è solo e soltanto quello del nostro presente, del qui e ora. E' il qui ed ora del nostro tempo e del nostro spazio, delle nostre condizioni di vita e di salute, dei nostri legami e dei nostri affetti, del nostro lavoro e delle mille circostanze del quotidiano, della nostra piccolezza e della nostra fede sempre in cammino. E' un presente che a volte ci sembra angusto ed altre volte ci rivela incredibili sorprese, un presente sempre imperfetto ed insidiato dallo scorrere dei giorni, un presente che però è l'unico tempo vero, concreto e reale della nostra vita, il tempo in cui la nostra vita si gioca. Non è sempre immediatamente evidente, riconoscibile e visibile in superficie la presenza di Dio che rappresenta la vera ed autentica ricchezza che il nostro presente custodisce. Si tratta infatti di una ricchezza al contempo profonda e preziosa, che non si impone e non cerca spazi di protagonismo, ma che, in modo discreto e concreto, sceglie tenacemente di non ritirarsi e di continuare ad abitare ed a benedire questo tempo, non trasformandolo in un altro tempo, ma trasfigurandolo, per ciò che è, in un tempo di grazia.
E questo Francesco di Sales lo sa molto bene, sa molto bene che se non riconosceremo la visita di Dio nell'oggi difficilmente la riconosceremo nel domani, perché anche il domani quando arriverà si chiamerà oggi. Al contempo il santo savoiardo conosce molto bene la tentazione di evadere dal presente che, in un modo o nell'altro, bussa alla porta del nostro cuore. E' la suggestiva tentazione di non vivere il qui e l'ora, di arrenderci di fronte all'apparente monotonia, aridità e sterilità del quotidiano, per cercare altrove e altrimenti un giardino più promettente, più adatto ad ospitare ed accogliere il nostro cammino di santità. Variegate e variopinte possono essere queste mete della nostra fuga nell'altrove. A volte ci rifugiamo nel passato, idealizzando e rimpiangendo la bellezza, spesso idealizzata, di un tempo che non è più. Altre volte invece ci protendiamo verso un futuro immaginato ed immaginario, sognandolo privo di quelle asprezze ed imperfezioni che invece ci accompagnano nel presente. Altre volte ancora desideriamo rifugiarci o fuggiamo davvero in un presente diverso, reale o virtuale, dove ci sembra che condizioni, situazioni e circostanze siano molto più propizie al nostro cammino di sequela del Signore. Di fronte a queste tentazioni che conosce molto bene, il vescovo di Ginevra ci indica, con mite risolutezza, nel nostro presente, vissuto senza sconti e senza scappatoie, l'unico spazio reale e concreto in cui è possibile incontrare il Signore, l'unico luogo che il Signore sceglie e in cui non cessa di venire a visitare e benedire la nostra vita. Stare nel presente certamente non è facile e riconoscere il presente come il luogo in cui il Signore ci viene incontro ovviamente non significa pietrificare la realtà esistente in una gelida e glaciale staticità, in cui nulla cambia e nulla muta. Il segreto che il santo vescovo ci consegna è molto più profondo e prezioso.
Francesco di Sales ci suggerisce che il Signore non Lo incontreremo mai e non ci verrà mai incontro in un altrove magari perfetto ma certamente astratto e irreale, bensì solo e soltanto in questo presente, così come è, nelle sue luci e nelle sue ombre, nei suoi chiaroscuri e anche nelle sue contraddizioni. Il Signore non sarà mai possibile incontrarLo se non riconoscendoLo nelle pieghe e nelle piaghe della realtà, nel giardino della nostra vita e della nostra storia, in quella Francia che, pur vedendo i mille vantaggi e pregi di un'ipotetica Spagna, è l'unico vero terreno della nostra vita. Solo così sarà possibile sperimentare che il Signore non ci viene incontro perchè abitiamo un presente reso perfetto dai nostri sforzi, ma ci incontra, là dove ci troviamo, perchè ama infinitamente e semplicemente la nostra vita.
Il Signore non ci chiede di essere altro da ciò che siamo o di andare altrove rispetto a dove ci troviamo, ma piuttosto ci chiede l'umiltà di accogliere la Sua venuta nella povertà di questo presente che, come la mangiatoia di Betlemme, è l'unico luogo in cui Dio ci chiede di essere ospitato. Ed è proprio da questa esperienza, dall'aver riconosciuto nel Signore l'ospite, spesso non notato, del nostro quotidiano, che riceviamo la forza di camminare e di crescere nella santità. Santità perciò non è, come spesso pensiamo, sostituire questo presente, con la nostra vita e la nostra storia, con un altro presente, radicalmente nuovo e totalmente diverso, che cancelli in un attimo, come con un colpo di spugna, ciò che siamo e ciò che siamo stati, per fare spazio ad un nuovo inizio che lasci presagire migliori possibilità di riuscita ripartendo da zero. Santità non è neppure, a forza di volontà e con i nostri sforzi, cercare di progredire, di crescere e di migliorare, come se Dio, dopo averci lasciato intuire un cammino da seguire, ci attendesse sulla linea del traguardo, interessato e incuriosito a valutare l'efficacia dei nostri sforzi e la tenuta della nostra perseveranza, come se in qualche modo dovessimo meritarci e guadagnarci il Suo Amore a forza di sforzi e di risultati ottenuti. La santità di cui Francesco di Sales ci rivela il segreto è in realtà qualcosa di infinitamente più bello e più grande, qualcosa di infinitamente più divino e di immensamente più umano. Santità non è tentare, a forza di volontà, di non essere ciò che siamo e di essere altro da ciò che siamo, negando che Dio abbia voluto, benedetto e amato la nostra unicità irripetibile. Santità invece è proprio vivere questo presente, cioè cercare di essere ciò che siamo in modo perfetto, non come meta dei nostri sforzi, ma alla luce dello scoprirci e del riconoscerci, con infinita e mai esaurita meraviglia, destinatari privilegiati dell'Amore eterno, infinito e fedele di Dio che non conosce esitazioni, ripensamenti e tentennamenti, al punto da dare la Sua stessa vita per noi.
Ed è proprio questo saperci gratuitamente e infinitamente amati da Dio, chiamati a rispondere e non a rincorrere il Suo Amore, che permette alla nostra vita di fiorire nella vera ed autentica santità, nel riflettere, in modo unico ed irripetibile, in un modo che è e sarà soltanto nostro, nei tratti del nostro volto i tratti del volto del Signore.
L'Amore di Dio, la Sua presenza accanto a noi, il Suo abitare proprio questo quotidiano, non ci trasferisce magicamente in un presente diverso, ma trasforma e trasfigura radicalmente questo presente, rinnovandolo, facendolo fiorire e fruttificare in tutte le sue potenzialità e possibilità di bene, di luce e di gioia. Nella nostra vita e nel nostro presente, come ci indica chiaramente Francesco di Sales, se abbiamo il coraggio di abitarlo e di scavarlo, scopriremo che Dio non scarta ma redime, non condanna ma purifica, non dà suggerimenti ma ama. Ed è proprio questo il segreto della santità. Non dover sforzarsi di fiorire per essere amati, ma poter fiorire grazie al fatto di essere già stati amati infinitamente, senza se e senza ma, non rispediti al mittente per i nostri difetti di fabbrica, frutto spesso anche delle scelte sbagliate della nostra libertà, ma redenti e rinnovati radicalmente dall'Amore più grande che ci ha amati fino alla fine, cioè fino alla morte ed alla morte di croce. Santità non è essere altro da noi stessi, ma diventare, attraverso la quotidiana tessitura della grazia e della libertà, pienamente noi stessi, ciò che siamo chiamati ad essere, cioè non come ci sogniamo, ma come dall'eternità Dio ci ha sognati e non smette di sognarci. E tutto questo non è possibile viverlo altrove, ma solo al centro ed al cuore di questo nostro presente, abitato, animato ed amato da Dio.
2. ...la presenza Amorevole di Dio...
Dal Vangelo di Giovanni (Gv 13,1-17):
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
E' la presenza di Dio al cuore del nostro presente a rendere il nostro presente, anche nelle sue inevitabili ed imprevedibili imperfezioni, il luogo in cui la nostra santità è chiamata a fiorire. La presenza di Dio al cuore del nostro presente ci dà la grazia e la forza di essere presenti al nostro presente, vivendolo alla presenza di colui che, eternamente presente, ci ama e ci accompagna costantemente con il Suo Amore nel nostro quotidiano. E' la scelta di Dio di abitare il nostro tempo ciò che rende il nostro tempo abitabile, luogo in cui è possibile ricevere, riconoscere e ridonare il Suo Amore. Ed in questo nostro cammino che, portandoci ad abitare il nostro presente ci aiuta a fuggire e a sfuggire la tentazione sempre in agguato di rifugiarci nell'altrove, un tempo privilegiato è certamente quello dell'Avvento.
L'Avvento è il tempo liturgico che, di anno in anno, la Chiesa ci offre per prepararci, camminando in comunione ed in comunità, al mistero del santo Natale del Signore. L'Avvento è un tempo di grazia assolutamente speciale, un tempo che ci è donato perché possiamo rinnovare lo stupore e risvegliare la meraviglia di fronte al fatto più sconvolgente ed imprevedibile di tutti i tempi, un fatto che ha cambiato per sempre la storia. Un filosofo dell'antichità affermava con incrollabile certezza: "una cosa è certa, nessun Dio è mai sceso quaggiù!". Di fronte a questa affermazione che esclude categoricamente che Dio possa in qualche modo farsi vicino e rendersi presente al presente degli uomini, si pone l'imprevisto ed inaudito mistero di Betlemme che l'evangelista Giovanni condensa in queste parole che di età in età non smettono di riecheggiare nella storia: "il verbo si è fatto carne ed ha piantato la Sua tenda in mezzo a noi" (Gv 1,14).
Nella grotta di Betlemme Dio, per Sua libera scelta d'Amore, non rimane lontano e distante, non invia all'uomo un messaggero o un codice di comportamento, ma si fa uomo nascendo dalla beata e sempre vergine Maria. Nel Natale Dio Padre invia per la potenza dello Spirito Santo il Suo Figlio unigenito nel mondo non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato nel Suo Amore. E' questo il mistero dell'incarnazione che ci prepariamo a celebrare nel Natale, il mistero d'Amore di un Dio che, pur di salvare l'uomo, non esita a coinvolgersi in prima persona nella storia dell'umanità, varcando i confini dell'eterno e venendo ad abitare nel cuore del tempo, della storia, del presente di ogni uomo. E' nel Natale che il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, viene ad abitare il cuore del nostro presente, perché ogni uomo, al cuore del suo presente, possa incontrare il cuore spalancato di Dio. Nel Natale Dio, facendosi uomo, non decide di ricreare dal nulla un "altro presente", ma sceglie di rinnovare e di ricreare il nostro presente con il Suo Amore, che vince ogni distanza, ogni solitudine, ogni abbandono. Con l'incarnazione l'eterno per Amore dell'uomo si fa "nomade", accettando di venire ad abitare in mezzo a noi, piantando la Sua tenda nel nostro tempo, affinché ciascuno di noi percorrendo il proprio cammino possa scoprire e sperimentare di essere costantemente e quotidianamente accompagnato dall'Emmanuele, il Dio con noi.
Ed è proprio questo stesso Amore, l'Amore che porta Dio a farsi uomo nel Natale, che si manifesta e compie definitivamente nella Pasqua di morte e risurrezione del Signore, nel Suo dare la vita "per noi e per tutti", per la salvezza di ogni uomo. Nel mistero del Natale e della Pasqua, eventi che forse ci sembrano a prima vista così diversi e distanti, pulsa la stessa logica d'Amore, vive lo stesso Amore infinito e smisurato di Dio per l'uomo. E' proprio sulla croce che l'Amore di Dio è svelato e rivelato in tutta la sua incredibile ed infinita profondità. E' un Amore che ama fino alla fine, senza sconti e senza ripensamenti, un Amore che sceglie di abitare l'ultimo posto, il posto dell'abbandonato da Dio, perchè nessun uomo, anche il più lontano, distante e disperato, si trovi escluso da questo abbraccio di salvezza, spalancato per sempre al cuore del mondo. Dopo la Pasqua non vi è e non vi sarà mai, fino alla fine del tempo e della storia, un presente in cui Dio non sia presente, un presente in cui, se accettiamo di accogliere il dono d'Amore che sempre ci viene offerto, non possiamo toccare con mano che Dio ci ama e ci salva. Ed è proprio per questo, perché l'Amore fino alla fine di Dio sia presente al cuore anche del nostro presente, che il Signore, nella notte in cui veniva tradito, ci ha donato e consegnato l'Eucarestia, il sacramento perenne del Suo Amore per noi. Proprio per questo l'Eucarestia è il tesoro più grande che Dio ha affidato alla Sua Chiesa, la sorgente e il cuore pulsante della vita della comunità cristiana e del cammino di ogni figlio di Dio. Nell'Eucarestia il dono d'Amore vissuto dal Signore sulla croce non resta un ricordo rinchiuso in un passato sempre più lontano, ma nella potenza dello Spirito Santo si rende presente al cuore del nostro presente, raggiungendo la nostra vita nel qui ed ora del nostro tempo. Nel "pane quotidiano" dell'Eucarestia, spezzato giorno dopo giorno per la nostra salvezza, la croce del Signore, il sacrificio di un Dio che ha sacrificato se stesso per la nostra salvezza, varca e spezza i confini del tempo, diventando una sorgente viva d'Amore a cui oggi possiamo attingere nel nostro presente. E' l'Eucarestia il luogo in cui scopriamo chi siamo agli occhi di Dio, figli amatissimi per i quali il Padre non ha esitato a sacrificare il Suo unico Figlio, perché nessuno si perda e tutti possiamo essere salvati. Lo stesso sacrificio, la stessa croce, lo stesso Amore infinito nell'Eucarestia si rende presente in questo tempo ed in questo spazio perché, fino ai confini del mondo e del tempo, ogni uomo possa sperimentare e ricevere la salvezza di Dio. E' l'Eucarestia che, rendendo presente la croce del Signore e piantandola al cuore del nostro presente, ci dona la grazia di poter abitare e vivere questo nostro presente, senza rifuggire nell'altrove, come un tempo di grazia, in cui riconoscere ed incontrare il volto di Dio. Allora comprendiamo le parole di un padre della Chiesa che, paragonando Cristo all'amato di cui ci parla il Cantico dei Cantici, vedeva nell'incarnazione, nella croce e nell'Eucarestia i tre "balzi d'Amore" con cui Dio nel Suo Figlio ha scelto di farsi presente nel presente di ogni uomo.
Sono le parole dell'evangelista Giovanni che ci permettono allora di raccogliere, pur nella nostra povertà, quattro scintille di questo Amore infinito che ogni giorno siamo chiamati ad accogliere nell'Eucarestia. Come sappiamo Giovanni, a differenza dei sinottici, nel raccontare l'ultima cena del Signore non narra l'istituzione dell'Eucarestia, ma ci consegna la scena della lavanda dei piedi in cui il Maestro e il Signore, nella notte in cui fu tradito, amò i Suoi fino alla fine, chinandosi a lavare loro i piedi. E' questo gesto, rimasto per sempre impresso nelle pagine di Giovanni e nel cuore della storia, a svelarci il significato profondo dell'Eucarestia, di cui la lavanda dei piedi costituisce la "spiegazione" che il Signore stesso ci ha offerto.
a. Il dono della presenza. Nell'Eucarestia il Signore oggi, qui ed ora, si rende presente al cuore del nostro presente, non altrove. Nell'Eucarestia Dio non ci dà dei consigli e delle indicazioni, ma sceglie di dimostrarci il Suo Amore nel modo più radicale e profondo che esista, cioè con il linguaggio della presenza. Amare è farsi presenti ed essere presenti, è proprio qui che si radica l'assistenza salesiana. Dio non si accontenta di dirci o di darci qualcosa, ma nell'Eucarestia sceglie di venire, con tutto se stesso, ad abitare questo tempo presente, non un altro tempo. La presenza, il condividere del tempo, è la base ed il fondamento di ogni Amore. Con l'Eucarestia Dio non sceglie di abitare il nostro passato o il nostro futuro, ma fa del qui ed ora, a volte così aspro e arido, il tempo privilegiato in cui incontra, ama e salva la nostra vita.
b. Il sacrificio. La presenza di Dio nel nostro presente non è un farsi presente distratto, indifferente, curioso, non è una toccata e fuga. Nell'Eucarestia Dio non viene a dare un'occhiata al nostro presente, non si affaccia alla finestra della mia storia per un veloce sopralluogo sul cantiere della mia vita, ma irrompe nella mia vita con tutta la carica e la forza dirompente del Suo Amore che non ha esitato a sacrificarsi per me, fino alla fine, fino all'ultimo respiro. La presenza di Dio che l'Eucarestia fa scaturire al cuore della nostra vita non è una presenza tiepida, timida e inerte, non è una presenza assonnata e distratta, ma è un fuoco ardente d'Amore, è Dio stesso che per salvare la mia vita non esita a sacrificare se stesso. Nell'Eucarestia il nostro presente non è raggiunto da promesse vaghe o da rassicurazioni generiche, ma è raggiunto dal dono d'Amore infinito di Dio, di un Dio che si è coinvolto fino alla fine nella mia storia. Dio sceglie di pagare il costo più alto, il sacrificio di se stesso, per amarmi a qualunque costo, sceglie oggi di consegnare e di donare Se stesso perché in questo presente l'uomo abbia la vita e abbia la vita in abbondanza.
c. La comunione. Troppe volte noi cristiani pensiamo che camminare con Dio sia una questione privata, una faccenda che riguarda ciascuno preso singolarmente, un affare privato, per individui, non certo qualcosa che spalanca l'orizzonte di un cammino in comunità. Eppure la bellezza, spesso trascurata e dimenticata, dell'essere cristiani è proprio quella di appartenere alla Chiesa, ad una comunità di fratelli e sorelle in comunione ed in cammino come popolo, come famiglia di Dio. Ed è proprio questo il dono che oggi scaturisce dall'Eucarestia, è dall'Eucarestia che nasce e vive la Chiesa, la comunione di coloro che, scoprendosi amati dallo stesso Amore, camminano amandosi come il Signore ci ha amati. L'Eucarestia non è qualcosa che è dato a me e per me, indipendentemente dagli altri. Questa non è e non può essere in nessun caso e per nessun motivo la logica dell'Amore, tanto meno dell'Amore di Dio! L'Amore non divide, ma crea e ricrea unità, tessendo relazioni e riannodando anche quei legami che per tante ragioni possono essersi allentati o addirittura interrotti. Ricevendo l'Eucarestia, il Corpo di Cristo dato per noi e per tutti, riceviamo al contempo la grazia di essere membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa e di cui Cristo stesso è il Capo. Non è possibile appartenere a Cristo e non scoprirsi appartenenti al Suo Corpo. E' proprio nell'Eucarestia che ci viene regalata una comunità di fratelli e di sorelle da amare e da cui lasciarci amare, è facendo la comunione che, al di là di ogni simpatia e opinione, entriamo in comunione con chi accanto a noi, fosse anche uno sconosciuto, ha ricevuto lo stesso dono d'Amore. E' lo scoprirci amati dallo stesso Amore e chiamati ad amarci con lo stesso Amore che abbiamo ricevuto a farci toccare con mano che l'Eucarestia ci fa chiesa, affidandoci ai fratelli ed affidandoci fratelli da amare.
d. La testimonianza. L'Eucarestia, come ripetiamo in ogni celebrazione, non è donata solo per il "voi" dei discepoli e della Chiesa, ma è donata "per tutti", per raccogliere e radunare in un unico Amore i figli di Dio che sono ancora dispersi. L'Eucarestia, la croce di Cristo che coinvolge e rinnova oggi la mia vita, non mi rinchiude nel mio io e non ci rinchiude in un gruppo elitario, in un club esclusivo. L'Eucarestia, che ci fa scoprire amati e ci rende Chiesa, ci inserisce nello stesso movimento d'Amore che pulsa al cuore di Dio, un Amore che non ha pace e non si dà pace finchè qualcuno è lontano, distante e solo, finchè qualcuno non ha sperimentato la bellezza del sapersi e dello sperimentarsi amato come figlio. L'Eucarestia non ci rinchiude, ma ci lancia e ci rilancia nel mondo, come comunità, per "raccontare" a chi non lo ha ancora incontrato quell'Amore che abbiamo ricevuto. E' l'Eucarestia perciò che ci rende testimoni di ciò che con i nostri occhi abbiamo contemplato e che con le nostre mani abbiamo toccato. Ci rende testimoni capaci di pregare, donandoci, proprio perchè siamo diventati una cosa sola con Gesù, di parlare al Padre con la stessa intimità e confidenza del Suo Figlio. Ci rende testimoni capaci di costruire e ricostruire fraternità, donandoci, proprio perchè siamo diventati una cosa sola con la Chiesa, di edificare e riedificare relazioni in cui accogliersi ed accompagnarsi come fratelli. Ci rende testimoni capaci di vivere il servizio, donandoci, proprio perchè siamo diventati una cosa sola con il cuore del Figlio rivolto ai lontani, di rimboccarci le maniche e di sporcarci le mani, spesso con piccoli gesti più che con grandi discorsi, per riempire il nostro quotidiano, a casa come al lavoro, del dolce e delicato profumo di Cristo.
E' proprio per questo che don Bosco poneva l'Eucarestia, l'Amore di Dio che si fa presente al cuore del mio presente, come uno dei pilastri fondamentali ed irrinunciabili del Sistema Preventivo. Per don Bosco si tratta di una convinzione profonda, sperimentata sulla sua pelle. E' nell'Eucarestia che gli orfani di Valdocco, i giovani abbandonati e pericolanti di ieri e di oggi, hanno potuto, possono e potranno sperimentare l'Amore infinito di un Dio che, anche quando non abbiamo più nulla e non siamo più di nessuno, ci ama come un Padre, perchè è un Padre che per noi dona tutto, fino alla fine, fino all'ultimo respiro della Sua vita. E' questa convinzione profonda che emerge con forza nel sogno delle due colonne che riassume i cardini portanti della spiritualità salesiana. L'Eucarestia è una presenza che emerge, come dono gratuito di Dio, proprio al cuore di questo presente burrascoso e tempestoso, non altrove. Dio si fa presente oggi, qui ed ora, non altrove, permettendoci di ancorare la nostra nave alla colonna del Suo Amore dato per noi sulla croce e ridonato ogni giorno per noi nell'Eucarestia, unico porto sicuro del nostro presente. E' una colonna a cui non approdano e non si ancorano tante piccole navi solitarie, guidate da timonieri isolati, ma all'Eucarestia trova approdo la grande nave della Chiesa, guidata dal successore di Pietro. Non è infine una nave di lusso, riservata a pochi privilegiati, quella che trova un porto sicuro nell'Eucarestia! E' piuttosto, come emerge a più riprese da tanti altri sogni di don Bosco, una zattera, una scialuppa di salvataggio, come quelle che tante e tante volte ancora oggi solcano il nostro mare e chiedono accoglienza sulle nostre coste e nelle nostre città, alla ricerca di speranza e di salvezza. Alla colonna dell'Eucarestia non attraccano navi di lusso, ma solo zattere che, magari a rischio di affondare per l'infuriare delle tempeste, sono fino alla fine, senza sconti e senza compromessi, luoghi aperti ed accoglienti, protesi, in una premura che non può avere sosta, a far salire a bordo chi, per le infinite circostanze della vita, rischia di affondare e di affogare.
Scrive don Bosco:
"In mezzo all'immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l'una dall'altra. Sopra di una vi è la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: "AUXILIUM CHRISTIANORUM"; sull'altra, che è molto più alta e grossa, sta un'OSTIA di grandezza proporzionata alla colonna, e sotto un altro cartello con le parole: "SALUS CREDENTIUM". (MB VII)
Per la preghiera personale e la meditazione
Nel mio quotidiano amo il presente che ho o ne scelgo e desidero uno diverso?
Cerco di progredire e di migliorare, solo con i miei sforzi o affido ogni giornata al Signore facendomi accompagnare da Lui nelle mie scelte, nelle mie azioni, nelle difficoltà e nelle gioie?
Vivo l’Eucarestia come dono infinito d’amore e si scuote il mio cuore quando ricevo Gesù?
L’Eucarestia mi rende testimone di comunione e capace di riempire il mio quotidiano “del dolce e delicato profumo di Cristo”?
Impegno mensile
Ogni mattina alzandomi farò come primo gesto un segno di croce chiedendo l’aiuto a Gesù di vivere bene e in sua compagnia quella giornata. Nella settimana, ricevendo l’eucarestia chiederò al Signore che scuota il mio cuore perché si accorga della Sua visita.
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