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SI VA INCONTRO A DIO AMANDO

Cari amici,

la festa di Ognissanti e il ricordo dei nostri defunti che abbiamo da poco vissuto ci aiutano a guardare con speranza al futuro e ricentrare in Dio Padre ogni nostro pensiero, decisione, trovando pace e gioia nonostante le difficoltà, il dolore e le fatiche del nostro mondo ferito.


Abbiamo tutti davanti agli occhi le immagini recenti di dolore e violenza che provengono dalla Palestina e quelle a cui forse ci siamo tristemente abituati della guerra in Ucraina e dei tanti conflitti che insanguinano il nostro mondo. Sgomenti ci interroghiamo sul senso di tanta sofferenza e ci sentiamo impotenti, deboli, forse colpevoli nel nostro piccolo di aver contribuito con le nostre scelte, i nostri sbagli, la nostra fragilità a rovinare il progetto così bello che il buon Dio ha per noi e per il nostro mondo.


Il card. Pizzaballa all'alba dei gravi eventi che hanno nuovamente sconvolto la Palestina ha invitato tutto il popolo di Dio alla preghiera, scrivendo: "Fratelli e sorelle carissimi, che il Signore davvero ci doni la sua pace! Il dolore e lo sgomento per quanto sta accadendo sono grandi. Siamo stati improvvisamente catapultati in un mare di violenza inaudita […] Tutto sembra parlare di morte. Ma in questo momento di dolore e sgomento non vogliamo restare inermi. E non possiamo lasciare che la morte e i suoi pungiglioni siano la sola parola da udire. Per questo sentiamo il bisogno di pregare, di rivolgere il cuore a Dio nostro Padre".


Rivolgere il cuore a Dio nostro padre e attendere l'incontro con Lui, questo è il centro della nostra preghiera.



Scrive Papa Francesco (cfr. omelia 2 novembre 2022):

Tutti viviamo nell’attesa, nella speranza di sentirci rivolte un giorno le parole di Gesù: «Venite, benedetti dal Padre mio» (Mt 25,34). Siamo nella sala d’attesa del mondo per entrare in paradiso, per prendere parte a quel “banchetto per tutti i popoli” di cui ci ha parlato il profeta Isaia (cfr 25,6). Egli dice qualcosa che ci scalda il cuore perché porterà a compimento proprio le nostre attese più grandi: il Signore «eliminerà la morte per sempre» e «asciugherà le lacrime su ogni volto» (v. 8). Fratelli e sorelle, alimentiamo l’attesa del Cielo, esercitiamoci nel desiderio del paradiso. Ci fa bene oggi chiederci se i nostri desideri hanno a che fare con il Cielo. Perché rischiamo di aspirare continuamente a cose che passano, di confondere i desideri con i bisogni, di anteporre le aspettative del mondo all’attesa di Dio.


Un’attesa di preghiera che per noi cristiani non è un restare inermi, insensibili o incuranti dei fatti del mondo, ma nemmeno schiacciati ed oppressi dal mondo e dalla sua fragilità. Vigili e pronti, ma anche fiduciosi e sereni. Ma allora di fronte a eventi tristi e sconvolgenti cosa dobbiamo fare? Nell'attendere il Domani cosa dobbiamo fare? Sempre Papa Francesco commentando il capitolo 25 di Matteo sottolinea:


Nell’attesa di domani, ci aiuta il Vangelo […]. E' grande la sorpresa ogni volta che ascoltiamo il capitolo 25 di Matteo. È simile a quella dei protagonisti, che dicono: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?» (vv. 37-39). Quando mai? Così si esprime la sorpresa di tutti, lo stupore dei giusti e lo sgomento degli ingiusti.


L’unico capo di merito e di accusa è la misericordia verso i poveri e gli scartati: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me», sentenzia Gesù (v. 40). L’Altissimo sembra che stia nei più piccoli. Chi abita i cieli dimora tra i più insignificanti per il mondo. […] . Allora, per prepararci sappiamo che cosa fare: amare gratuitamente e a fondo perduto, senza attendere contraccambio, chi rientra nella sua lista di preferenze, chi non può restituirci nulla, chi non ci attira, chi serve i più piccoli.


Quando mai? Si chiedono sorpresi sia i giusti che gli ingiusti. La risposta è una sola: il quando è adesso, oggi. Sta nelle nostre mani, nelle nostre opere di misericordia: non nelle puntualizzazioni e nelle analisi raffinate, non nelle giustificazioni individuali o sociali. Nelle nostre mani, e noi siamo responsabili.


Il Vangelo spiega come vivere l’attesa: si va incontro a Dio amando perché Egli è amore. E, nel giorno del nostro congedo, la sorpresa sarà lieta se adesso ci lasciamo sorprendere dalla presenza di Dio, che ci aspetta tra i poveri e i feriti del mondo. Non abbiamo paura di questa sorpresa: andiamo avanti nelle cose che il Vangelo ci dice, per essere giudicati giusti alla fine. Dio attende di essere accarezzato non a parole, ma con i fatti.


L'augurio per noi famiglia dell'ADMA è allora quella di vivere nel quotidiano, come Maria, la prontezza e la sollecitudine verso i più deboli. Che, come Maria, possiamo amare nel quotidiano per andare incontro a Dio, certi che ogni gesto di amore vissuto in famiglia, in comunità, nei nostri gruppi, sui luoghi di lavoro è una carezza che - in Dio Padre - raggiunge oggi anche i più lontani e i più sofferenti.


Renato Valera, Presidente ADMA Valdocco.

Alejandro Guevara, Animatore Spirituale ADMA Valdocco

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